Dal mio viaggio a Fiuggi sono già passati tre mesi, decisamente intensi.
Mi sono resa conto di aver colmato e rimestato il calderone dei progetti più volte e adesso che vorrei raccontarvi di Radicibus, l’opera che ho dipinto all’interno del festival Anticoli Fiuggi Zero Km, ho le idee un po’ confuse.
A mia discolpa vi dico che nel frattempo ho traslocato, inscatolando in pochi giorni gli amati libri (moltissimi), e pertanto sono stata vittima di un amarcord non indifferente (quello non perdona, perbacco).
È già diventata popolare, la donna anziana col foulard che fa capolino nella Piazzeruola di Fiuggi.
Era già viva mentre la creavo, in fondo, coccolata com’ero dagli abitanti della piazza, costantemente attenti e presenti per sapere se fossi stanca, affamata, contenta dell’opera, a guardare le nuvole e scongiurare la pioggia.
Una piazzetta storica tanto viva quanto minuscola, raggiungibile solo attraverso scale. Mi aspettavano con entusiasmo perché la donna del mio bozzetto ricordava a tutti una signora che abitò lì, Nunziata, protagonista di una toccante poesia in dialetto di Siro D’Amico, poi dipinta su un muro della piazza da Francesco Nunnari.
Le coincidenze, a volte, sono meravigliose. Inconsapevolmente, avevo evocato quella donna. Annunciata, che aveva vissuto ‘tutta ritirata’, uscendo di casa forse una volta al mese, comportandosi sempre rettamente, sopportando fatiche e lacrime, una persona che aveva ‘gliuttito tutto’.
Un inizio già surreale, mentre con la bocca spalancata guardavamo gli operai della Rincar, sotto la pioggia scrosciante, portare in piazza una piattaforma aerea. Una sorta di miracolo, ore ed ore coi piedini della macchina appoggiati sulle pareti delle case e assi di legno inchiodate sui gradini. Era arrivato il mio turno.
Ho creato un pezzo in leggera anamorfosi. Va quindi osservato di sbieco, da destra, arrivando dalla scala che porta alla Spizzicheria. Nel post ho inserito un brevissimo video che mostra come il disegno distorto si mostri nella giusta proporzione una volta raggiunto il punto di vista corretto.
L’opera è ispirata alla storia delle donne ciociare, descritte e fotografate nel Novecento in modo sublime. Coraggiose e affaticate, indaffarate alla fontana, con lo sguardo all’orizzonte in attesa del ritorno dei propri figli o del proprio compagno, quando la guerra l’aveva allontanato. Contemporaneamente austere e combattive, poi vittime di soprusi.
La mia ciociara, ormai canuta, emerge da una fessura angusta e ci guarda attraverso un groviglio di rami, che accarezza con le mani. La sua era una terra rigogliosa, ora provata come il resto del mondo. Molte storie avrebbe da raccontare, ma i delicati fiori del suo albero stanno per cadere a terra, per riconciliarsi con il suolo, lasciando dietro di sé il ricordo di un raro splendore.
Il titolo vuole indicarla come “ciò che nasce dalle radici”, un’umanità che si mostra timida (magari!) ma saldamente ancorata al terreno che la nutre, e saldo appiglio per noi.
Qui radicarsi significa penetrare profondamente e definitivamente una storia, vagheggiare al contempo un’origine armonica di tutte le cose, facendo un occhiolino ad Empedocle (che considerava radici terra, acqua, aria e fuoco).
Al festival ho conosciuto artisti che non avevo mai incontrato ed è stato come sempre un arricchimento. È stato affascinante veder lavorare dal vivo Gomez (e parlare con Stefania), che già ammiravo, e il mitico Beetroot. Ho visitato invece gli altri pezzi, più lontano dal mio, a fine lavori, perché come sapete sono sempre l’ultima a terminare (ripeto, sempre). Maupal, Neve, Moby Dick, Mauro Sgarbi, Diego Poggioni, Francesco Nunnari. Quando è arrivato Zingaretti a chiusura festival io ero ancora sul cestello.
Il fatto di essere l’ultima a finire porta con sé dei rischi. Dipingere fino a terminare il gasolio, per esempio, pensando ma si guarda, ho quasi finito. Così è successo a Fiuggi, sono rimasta bloccata un’ora sul ragno dopo aver superato i cavi elettrici, mentre tentavo di fotografare il pezzo dall’alto (esatto, per quella mia mania delle strane prospettive).
Ma il tempo è volato perché tutti volevano farmi compagnia, mi facevano ridere, volevano recapitarmi fette di torta in quota. Poi sono arrivati molti visitatori fra cui gli “street art hunters” (dei quali in realtà ignoravo l’esistenza) e in pratica, unica artista rimasta e senza alcuna via di fuga, sono stata soggetto imbarazzato di molti scatti (a questo punto VIP, levatevi proprio haha). È stato divertente.
Sono ripartita, con il mio Andrea, verso Subiaco, che da tanto tempo desideravo visitare. Un paio di giorni di arte, fra Assisi e Orvieto.
Siamo ai ringraziamenti. Parto da Marina Tucciarelli, del Comune di Fiuggi, e Daniele Baldassarre, curatore del progetto, Giulia Baldini, Tony, Mirco e i ragazzi della Borderline studio per avermi seguita durante la realizzazione del pezzo. Un grande grazie va anche ad Angela Celletti, Biagina e i suoi figli, Antonio della Spizzicheria, Silvana e tutti quelli della Piazzeruola. Agli operatori delle piattaforme per il miracolo, a Tonino per aver sistemato il muro, a Gianfranco per l’ospitalità.